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Avvocato e ChatGPT: una risorsa o una condanna?

  • Immagine del redattore: Studio Legale Bruschi
    Studio Legale Bruschi
  • 13 minuti fa
  • Tempo di lettura: 2 min

L’intelligenza artificiale sta trasformando profondamente l’attività forense, in particolare nella ricerca giurisprudenziale e nella redazione degli atti difensivi. Strumenti come ChatGPT offrono opportunità significative, migliorando l’efficienza e la rapidità nell'elaborazione di documenti legali. Tuttavia, il loro utilizzo improprio può comportare gravi conseguenze, sia sotto il profilo professionale che processuale.

Caso di recente studio affrontato  dalla Sezione Imprese del Tribunale di Firenze, che ha esaminato le implicazioni dell'uso scorretto di ChatGPT negli atti difensivi con particolare riferimento alla responsabilità processuale aggravata prevista dall'art. 96 c.p.c.

La controversia riguardava la tutela dei marchi e del diritto d'autore. Nel corso del giudizio, il difensore di una delle parti aveva inserito nella comparsa di costituzione riferimenti giurisprudenziali errati, attribuendo alle sentenze citate contenuti inesistenti. Il reclamante ha sostenuto che tale condotta, derivante dall'affidamento acritico su informazioni fornite da ChatGPT senza adeguata verifica, costituisse un abuso del processo, giustificando una condanna per lite temeraria ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Il difensore della parte convenuta ha replicato affermando che la ricerca giurisprudenziale fosse stata eseguita dalla segretaria di studio utilizzando ChatGPT, senza che il legale ne fosse a conoscenza.

Uno degli aspetti critici dell’utilizzo di ChatGPT in ambito giuridico è il fenomeno delle cosiddette allucinazioni dell’intelligenza artificiale, ovvero la generazione di informazioni plausibili ma inesatte o del tutto inventate. Spesso, tali informazioni vengono presentate come veritiere, inducendo in errore chi le utilizza senza un’adeguata verifica. Questo evidenzia la necessità di un controllo umano rigoroso sui dati prodotti dall’IA, specialmente in un settore come quello legale, dove l’accuratezza e l'affidabilità delle fonti sono imprescindibili.

Nel caso esaminato, i giudici hanno riconosciuto che l'inserimento di riferimenti giurisprudenziali errati negli atti difensivi, dovuto all'uso non verificato di ChatGPT, costituisce una condotta negligente da parte del professionista forense. Tuttavia, hanno ritenuto che non sussistessero i presupposti per una condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., poiché non era stata dimostrata la mala fede o la colpa grave necessarie per configurare la lite temeraria.

L’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità importante per il settore legale, rendendo più rapida ed efficiente l’attività difensiva. Tuttavia, il professionista deve adottare un approccio critico rispetto alle informazioni fornite dall’IA, verificandone sempre la correttezza prima di utilizzarle negli atti processuali. Il caso analizzato dimostra che il ricorso a ChatGPT e simili non esime il legale dalle proprie responsabilità: in ultima istanza, l’avvocato rimane garante dell’accuratezza e della correttezza del proprio operato. Un uso consapevole e prudente dell’intelligenza artificiale può rappresentare un valido supporto nella professione, evitando il rischio di incorrere in responsabilità disciplinari o processuali.





 
 
 

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